Arrivai a Cuba, per la prima volta, il 21 luglio 1989, con ancora negli occhi la grande manifestazione di due giorni prima a Managua. Ero con Umberto Ranieri, giovane membro della Direzione nazionale, che successivamente - dopo Fassino - sarà Responsabile del Dipartimento esteri e poi parlamentare e Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri. A differenza, allora, di tanti miei coetanei (e, negli anni successivi, di tante persone più attempate, alcune delle quali prediligeranno l’isola della rivoluzione …incerca del PPG e di colei o colui con cui consumarlo), non mi affascinò particolarmente il clima umano (che era, purtroppo, quello ultra ristretto, degli incontri ufficiali).
Ovviamente incontravamo solo esponenti del governo o del (unico) partito, quindi del regime, perché eravamo in visita ufficiale. All’inizio non me lo sapevo spiegare: c'era qualcosa di noto, sentivo nell’aria una sorta di ripetizione, di replica… Non riuscivo a capire… Poi ci arrivai. Era il clima sovietico. Inconfondibile, anche se in salsa caraibica e a 38 gradi. Lo percepivo grazie alla mia (provvidenziale) esperienza del
1981 a Mosca . Gli sguardi, i silenzi, le pause, le autocensure, gli ammiccamenti, le modalità, le ingenue furbizie e le sfacciate menzogne … erano quelli!
L’Avana, comunque, meravigliosa. Uno dei libri che, anni dopo, meglio la racconterà e più onestamente informerà su Cuba sarà "A Cuba. Viaggio tra luoghi e leggende dell’isola che c’è”, di Danilo Manera, professore a Milano e scopritore di talenti letterari caraibici.
L’idea di incontrare, non per strada o alla coda da Coppelia, ma in vere riunioni (come, seguendo le orme di Renato Sandri, facevo ed avrei fatto in tutti i paesi latinoamericani …tranne uno), persone che non fossero solo del partito al potere …ancora non mi sfiorava. Ma fra me e me mi dicevo "così come a Mosca, in pieno breznevismo, c’erano i dissidenti, … ce ne saranno anche qui…”. Ma non andavo - ancora - oltre.
Facemmo vari incontri ufficiali, accompagnati da Alessandra Riccio, allora corrispondente de l’Unità da Cuba. Uno con il Direttore, Julio Ballesta, e con i ricercatori del Centro Studi Europa.
Mi ricordo quello, presso la sede del Comitato centrale del PC in Plaza de la revolucion, con il Vice Responsabile esteri del partito, Ernesto Escobar. Eravamo all’indomani del processo (farsa) al generale Ochoa e ai fratelli De la Guardia. Escobar ci parlava della loro "strenua lotta al narcotraffico”, del fatto che i giustiziati fossero stati narco (e altro) trafficanti, si prodigava nei dettagli di quanto fosse difficile per l’aviazione cubana "accostare” i piccoli aerei da turismo che sorvolano lo spazio aereo di Cuba, perché i loro Mig supersonici non hanno questa versatilità. Ricordo che disse, con misurata retorica: "non possiamo certo abbattere tutte le avionetas che sorvolano senza permesso il nostro spazio aereo!
Potrebbero essere narcos ma anche coppiette in giro per turismo e che non sanno leggere le carte nautiche…” (Che strano: pochi anni dopo non si porranno tutti questi scrupoli da galateo, abbatteranno l’aeroplanino degli "hermanos al rescate”, equipaggiato di pericolosissimi volantini con i quali avrebbe bombardato il territorio dell’isola e, così facendo, bloccheranno uno dei pochi, seri tentativi di apertura e dialogo da parte degli USA - dopo quello tentato da Carter -, "obbligando” Clinton a firmare la legge Helms-Burton. E mettendo così "al riparo” la componente ultra-conservatrice del regime, da pericolose esigenze di dover "prendere atto” delle aperture del "nemico” e quindi dal dover abbandonare il comodo status quo).
Torniamo all’incontro presso il palazzo del Comitato centrale: a un certo punto Escobar, sollecitato dalle nostre domande, parla della peculiare democrazia esistente nel suo paese e afferma: "sappiate, cari compagni, che se a Cuba si votasse Fidel avrebbe il 90%!”. Era veramente troppo e non riuscii a trattenermi. Gli dissi che "innanzitutto questa è solo una ipotesi teorica, perché qui non ci sono vere elezioni. Inoltre, a mio parere, se davvero si votasse, Fidel non avrebbe il 90 bensì il 95%. Ma quanto raccoglierebbe il partito? Il 15? Il 20%?”. Il clima si fece teso e solo grazie alle doti autenticamente partenopee di Ranieri, riuscimmo a finire alla bell’e meglio la riunione.
Un paio d’anno dopo tornai una seconda volta a Cuba, sempre in visita politica, e alloggiai in una "casa de protocolo” del governo. La prima, lunghissima, e a tratti tesa, riunione l’ebbi con Alberto Rodriguez Arufe, Responsabile Europa del PC e persona intelligente e colta (una decina d’anni più tardi verrà a Roma a formalizzare, all’allora Responsabile Esteri dei DS, Marina Sereni, la mia
espulsione "perpetua” da Cuba . L’attrito maggiore era, naturalmente, sul tema dei diritti umani e civili, che avevo apertamente posto. Fuori programma mi organizzarono in fretta e furia, per il giorno seguente, un incontro con il Coordinatore delle Relazioni internazionali del partito, Fernando Remirez che, devo dire, mi fece una ottima impressione: sembrava di poterci …dialogare, e di non stare di fronte ad un disco rotto. Era il vice di Carlos Aldana, esponente di spicco che, negli anni seguenti, verrà epurato in una delle cicliche purghe interne.
Intera giornata di dibattito sulla situazione italiana e sulle scelte del PCI (ormai PDS), presso il Centro di studi Europa, con una trentina tra ricercatori e studiosi. Fra loro Felipe Gil, che poi ritroverò spesso -occhiuto e prevenuto censore, guardiano di una aleatoria ortodossia- in molte riunioni del Foro de São Paulo. Ne approfittai per invitare il Direttore, Julio
Ballesta, all’evento che stavamo organizzando a Genova per il 1992.
Ritornai a Cuba nel luglio ’93, alla IV edizione del Foro de São Paulo.
Per il PDS andai io e per Rifondazione, Luciano Pettinari. Fu una edizione molto partecipata: circa 120 partiti e forze politiche latinoamericane, il doppio dell’anno precedente a Managua.
Ricordo che Fidel Castro assistette, dal primo giorno all’ultimo, a tutte le sessioni, pronto a "bacchettare” gli interventi che gli sembrassero stonati. Nel corso dei lavoro ebbi vari incontri bilaterali, tra i quali con Arufe, del PC cubano, e con la delegazione salvadoregna dell’FMLN, con la quale parlammo della possibilità cheil PDS li aiutasse nella imminente campagna elettorale (lo facemmo e inviammo un nostro dirigente lombardo, il professore di statistica e flussi elettorali, Stefano Draghi, accompagnato da Alberto Tridente, da sempre legato all’America latina). E fu di un salvadoregno uno degli interventi più importanti del Foro:quello che Shafick Handal pronuncerà, davanti a un Fidel Castro terreo. Un discorso forte, coraggioso, che rifuggiva dall’antiamericanismo viscerale e ideologico… Pochi (quindi) gli applausi. Alla fine del suo intervento, percorsi l’immenso salone e andai ad abbracciarlo e a complimentarmi: non so se, in quel contesto e in quel clima, gli feci precisamente un favore… Successivamente Shafik, forse anche per oggettivi limiti di cultura politica, verrà rapidamente risucchiato nel conformismo dogmatico e le
sue scelte seguenti avranno, definitivamente, quel timbro.
Nell’ottobre 1995 nuovo viaggio a Cuba, questa volta con l’allora Responsabile organizzativo del PDS, Marco Minniti (passammo prima da Managua e da Città del Guatemala). Fu un viaggio, nella parte cubana, carico di tensione. Piero Fassino, responsabile esteri, aveva apertamente esplicitato all’Ambasciatore cubano a Roma che, oltre agli incontri con il governo ed il partito, saremmo andati anche ad incontrare la dissidenza democratica e di sinistra dell’isola.
L’Ambasciatore cercò a lungo di dissuaderci, in vari modi, ma senza successo. Alla fine ci ridussero di molto "il livello” dei nostri incontri ufficiali ma, e questa era la vera notizia, non ci chiesero di disdire la visita. All’ultimo momento Fassino non poté partire, e venne Minniti. Fummo ricevuti da José Ramon Balaguer, da Montané, strettissimo collaboratore di Fidel Castro, dall’ "eterno” Ministro della cultura, Abel Prieto, da Arufe e da Jorge Carriazo, Direttore del Centro Studi sull’Economia Mondiale (che negli anni seguenti farà "parlare di sé”). Oltre a questi incontri ufficiali, per la prima volta rappresentanti di un partito straniero, senza l’assenso ma con una sorta di "tacito avallo”, andarono a visitare degli oppositori. Andammo a casa di Elizardo Sanchez Santa-Cruz, animatore della Comision cubana para los derechos humanos y la reconciliacion nacional, personaggio chiacchierato anche fra i dissidenti: alcuni lo consideravano troppo "contiguo” al regime, una sorta di infiltrato. A casa di Elizardo, che vedevo per la prima volta, conobbi anche gli allora giovanissimi Manuel Cuesta Morùa e Leonardo Calvo. Con Manuel realizzerò, alcuni anni dopo, una significativa
esperienza politica .
Andammo anche a visitare Vladimiro Roca a casa sua, dove lo trovammo su una sedia a rotelle per via di uno strano incidente (in una Cuba in periodo especial, semideserta di auto, un autista aveva pensato bene di investire proprio lui, mentre rincasava in bicicletta…). Ovviamente fummo seguiti
passo passo, anche non tanto discretamente, dagli agenti della polizia politica, tanto che tememmo di mettere in ulteriore pericolo le persone che incontravamo. Tutte ci rassicurarono, dicendoci che la loro protesta consisteva non nel fare nulla di nascosto (la clandestinità era il terreno preferito dal regime, dove più si trovava a suo agio) ma, anzi, nell’insistere a voler svolgere attività politica democratica, alla luce del sole, subendone coscientemente le conseguenze. L’Ambasciatore d’Italia, Giovanni Ferrero, fu un solido riferimento e ci organizzò vari incontri interessanti, in uno di essi conobbi Monsignor De Cespedes.
L’anno seguente, arrivò a Milano (il permesso e il passaporto li ebbe per motivi familiari), un esponente della nascente CSDC, Corriente socialista democratica cubana, Dimas Cecilio Castellanos. Lo conobbi grazie alla intermediazione di Nathalie Camenzid, giovane etnologa svizzera, andata a Cuba con forte spirito "fidelista” per preparare la tesi di laurea, e imbattutasi - per via dei suoi studi - nella … realtà.
Con la CSDC e con altre componenti della opposizione democratica e di sinistra "dentro Cuba" (tra gli altri con l'economista Oscar Espinosa Chepe), ebbi poi molti contatti e organizzai varie iniziative. Quella più importante fu nel 2000 quando riuscimmo ad avere ospite dei DS a Roma, per alcuni mesi, Manuel Cuesta Morùa. Poi, in occasione dei due Congressi della CSDC, tenuti illegalmente ma "sopportati" dal governo, proposi al partito di mandare un nostro rappresentante ufficiale. In una occasione vi partecipò la dirigente DS, ed ex parlamentare del PCI, Romana Bianchi. La volta successiva vi prese parte Pietro Marcenaro, che successivamente si dedicherà istituzionalmente al tema dei diritti umani su scala planetaria. A nessuno di questi eventi potei partecipare direttamente perchè, nel 2001, ero stato fatto oggetto di una espulsione da Cuba che non mi permetteva, e non mi permette, di tornare sull'isola. Di questo tratto nella sezione "cronaca di una espulsione annunciata".